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COMETA 21
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SIAMO SOLI NELL'UNIVERSO?

In questo spazio immenso, con miliardi di stelle in ogni galassia e con miliardi di galassie, non è possibile che ci sia qualcun altro? Qualcun altro come noi (o forse diverso da noi) che sta pensando la stessa cosa?
La vita è un fenomeno che ha potuto verificarsi solo sulla Terra oppure anche altrove? E in tal caso può essere nata anche su qualche altro pianeta una specie intelligente che abbia dato origine a una civiltà tecnologica?
Quali risposte siamo in grado di dare, con le conoscenze di oggi, a queste domande? Per la prima volta, infatti, la scienza si sta affacciando su un paesaggio del tutto nuovo, grazie alle conoscenze ora acquisite in biologia, astronomia, fisica, chimica e cosmologia. E certi ricercatori cominciano a elaborare ipotesi e congetture stimolanti e di grande interesse.
Cominciamo col chiederci quanto è grande l’Universo. Lo spazio in cui siamo immersi è talmente grande, talmente immenso, che c’è quasi da spaventarsi a guardarlo con il telescopio. Sappiamo tutti che la Terra è meno di un granello di polvere, ma ogni volta che ci misuriamo nei confronti dell’Universo c’è da rimanere stupiti e quasi agghiacciati.
Dunque, supponiamo che la Terra sia grande come un chicco di grano. Ebbene, la Luna si troverebbe a 2 centimetri. Il Sole sarebbe già a 10 metri. Il pianeta Giove a oltre 50 metri. Il pianeta Plutone a 400 metri. Poi usciremmo dal sistema solare e, sempre immaginando che la Terra sia grande quanto un chicco di grano, dovremmo viaggiare circa 1.000 chilometri prima di incontrare la stella più vicina. Occorrerebbero poi oltre migliaia di chilometri per incontrare altre stelle, tutte molto lontane tra loro, sparse nell’Universo. Con una panoramica d’insieme, supponiamo di riuscire ad inquadrare duecentomila milioni di stelle: cosa avremmo? Avremmo soltanto l’immagine della nostra Galassia, un’enorme isola di stelle. E nell’Universo esistono miliardi di galassie, separate una dall’altra. Tutto questo ci dà non soltanto l’idea di come siamo piccoli, ma anche di quanti altri corpi celesti esistano nell’Universo, che noi non conosciamo.
Infatti, guardando il cielo noi possiamo vedere soltanto otto pianeti oltre la Terra: quelli del nostro sistema solare, cioè quelli a qualche metro da noi, per così dire. Tutti gli altri pianeti nell’Universo non li possiamo vedere, neppure con i telescopi più sensibili, anche se il telescopio spaziale Hubble ci ha dato di recente immagini convincenti di un sistema solare in formazione.
Vediamo moltissime stelle, certo, perché emanano luce propria, come lampadine accese: i pianeti, invece, no. I pianeti sono spenti, l’unica luce che emanano è quella riflessa, come fa la Terra e come fa anche la Luna. A una certa distanza, quindi, non sono più visibili. È evidente, però, che con tutti questi miliardi di stelle (cioè di soli) che esistono nell’Universo, qualche pianeta che gira loro intorno dovrà pure esistere! In altre parole il cielo potrebbe essere pieno di pianeti che non riusciamo a vedere.
La caccia ai nuovi pianeti, dove potrebbe trovarsi la vita, viene effettuata oggi con vari strumenti - fotometri, spettometri, tecniche astrometriche - che non rivelano direttamente il pianeta, ma permettono di intuirne la presenza grazie a vari indizi.
Si basano su un principio molto semplice.
Un pianeta che orbiti attorno a una stella provocherà delle piccole perturbazioni, sia nel moto della stella, sia nella sua luminosità, sia nella sua posizione. Misurando queste piccole perturbazioni gli astronomi riescono a farsi un’idea piuttosto precisa dell’oggetto che è vicino alla stella, ma che non si può vedere. L’ampiezza delle perturbazioni può anche dare l’idea di quanto grande sia il pianeta, mentre la loro periodicità e la loro frequenza indicano quanto il corpo celeste è distante. Faccio un esempio. Se la situazione è fortunata, cioè se si è in buona posizione, è possibile notare una diminuzione della luce stellare quando il pianeta transita davanti al suo disco luminoso. Si tratta però di un evento raro: poche ore ogni anno o decine di anni.
Se qualche astronomo osservasse il Sole avrebbe solo poche ore ogni anno per capire che esiste la Terra. E poche ore ogni 12 anni per sospettare la presenza di Giove (Giove compie un’orbita intorno al Sole ogni 12 anni).
In futuro ne sapremo forse di più sull’esistenza di altri pianeti, e in tale caso potremo cominciare forse a valutare meglio se il nostro sistema solare rappresenta un’eccezione, o qualcosa di più comune.
I pessimisti affermano che anche se altrove esistessero molti pianeti, difficilmente potrebbero essercene di adatti alla vita, poiché le condizioni favorevoli necessarie sarebbero troppe, dal momento che anche piccole differenze di dimensioni, orbite, temperature (per non parlare poi del ruolo della Luna che stabilizza l’inclinazione terrestre) possono produrre effetti tali da rendere il pianeta inadatto alla vita.
Altri invece sono molto più ottimisti: ritengono che già nel nostro Sistema solare esistono due pianeti, Venere e Marte, che si trovano ai limiti di una zona dove le condizioni possono essere favorevoli. E poiché esistono miliardi di stelle come il Sole, le probabilità che ci siano pianeti nelle orbite giuste sono molto alte.
Ritengo, però, che il problema fondamentale non sia quello di sapere com’è fatto l’Universo in cui si vive, ma di comprendere soprattutto perché è fatto così e quale sia stata la sua origine.
Quando si osservano con i moderni telescopi oggetti molto lontani, bisogna pensare che tutto ebbe origine in un’epoca remota e precisamente nei tempi in cui è partita la luce che ora osserviamo, Con strumenti sempre più potenti si riesce quindi a intravedere come poteva essere l’Universo in epoche sempre più remote e perciò sempre più vicine alla sua origine. Dobbiamo “scavare” nel passato per poter “vedere” nel futuro!
Risalire all’origine del cosmo può rivelare, quindi, la vita e la sua presenza al di fuori del pianeta Terra. Già Democrito nel IV secolo a.C. pensava che innumerevoli stelle abitate fossero sparse nell’Universo, e Melidoro di Chio riprese queste idee: “Considerare la Terra l’unico mondo popolato nello spazio infinito è altrettanto assurdo quanto affermare che in un intero campo seminato a grano crescerà una sola spiga”. Molti secoli dopo Giordano Bruno immaginò un Universo con i relativi pianeti pieni di vita. Oggi parecchi astronomi condividono in parte questo concetto e uno di loro, Deake, agli inizi degli anni Sessanta sviluppò un’equazione, detta del Green Bank (il telescopio che servì alle sue ricerche si trovava in Virginia), con cui tentò di stimare il numero delle civiltà extraterrestri arrivando a cifre davvero “astronomiche”.
Oggi l’idea che vi siano nello spazio altre forme di vita è molto diffusa: si crede che ogni atomo del nostro corpo fu prodotto un tempo in una qualche stella e in un qualche luogo dell’Universo.
Per quanto mi riguarda: “Non siamo soli!” Ed è questa certezza che mi fa amare Dio.

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